Ricollegandomi alla prima parte di questo excursus artistico/musicale [qui il link Parte I ] che ho intrapreso per cercare di accattivarvi con collegamenti nuovi fino ad incuriosirvi abbastanza su quel che riguarda Beethoven, Debussy ma anche tanti altri artisti, compositori, filosofi, poeti e scienziati dei quali tratteremo in seguito, allora continuo sul percorso di queste piccole pillole di cultura.
Dunque, se per Beethoven il cammino tipicamente dialettico, finalizzato alla scoperta totale del mondo, sfocia nella sua nuova concezione di musica, allora qui subentra la visione hegeliana della realtà in campo filosofico, come suggerisce Th.W. Adorno ( qui di seguito ripropongo una massima di un articolo giornalistico di Paola Giacomoni e Tosca Lynch del 2006) [fr. 23,24 Beethoven (Torino, 2001)]:
«In un significato simile a quello secondo il quale esiste soltanto la filosofia hegeliana, nella storia della musica occidentale esiste soltanto Beethoven. La volontà, l’energia che in Beethoven la forma mette in movimento è sempre il tutto, lo spirito del mondo hegeliano. La musica di Beethoven è l’immagine del processo secondo il quale la grande filosofia interpreta il mondo.»
Secondo Adorno e altri filosofi anche più recenti, l’intera produzione beethoveniana è caratterizzata nelle forme concrete, ma soprattutto all’interno della costruzione teorica c’è una costante polarizzazione dialettica, che in musica si traduce per lo più in verticalità armonica e linearità melodica, ovvero Volontà e Necessità del filosofo idealista. Proprio grazie all’iniziale separazione ed individualità delle due parti, si giunge poi ad un’unione la quale diviene in seguito fisionomia di ogni singola opera musicale attraversata dalla tonalità come ‘gioco di forze’. I temi presentati in sonate di età matura di Beethoven rappresentano al meglio, tramite attrazione ed opposizione di ‘Volontà’ e ‘Necessità’, quella trasformazione, metamorfosi ed infine illusione tipiche della dialettica hegeliana; difatti Hegel stesso dice nella Scienza della Logica che: “Lo spirito (il tema musicale in questo caso) rodendo l’involucro della sua esistenza non passa semplicemente in un altro involucro, né soltanto risorge ringiovanito dalle ceneri della propria forma, ma ne esce innalzato ad un grado più alto, trasfigurato, diventa sempre di più puro spirito. Esso si leva certo contro se stesso, rode la sua esistenza, ma rodendola la trasforma e ciò che è la sua forma di civiltà, diviene la materia con cui il suo lavoro lo innalza ad una nuova forma.”
Proprio come nella visione filosofica, così in musica i temi principali vengono infine riproposti e riesposti come sotto una legge di pace e riconciliazione momentanea che conserva in sé una viva memoria della precedente esistenza e di una nuova conoscenza di sé. Secondo Adorno infatti la vera riuscita di Beethoven consiste nel fatto che in lui, ed in lui solo, l’universale non è mai esterno o scostato dal particolare, e tutto deriva da un proprio movimento. Non vi è una mediazione tra i temi e come in Hegel, il tutto viene inteso come puro divenire da una mediazione concreta.
E se quel ‘tutto’, quel mondo che Hegel e Beethoven interpretano a modo proprio con una visuale per lo più dialettica, venisse al contempo analizzato da alcuni loro contemporanei, non solo musicisti, compositori o filosofi, bensì anche poeti? Allora le varie visioni della realtà creerebbero quello che viene oggi definito periodo Romantico, all’interno del quale non solo si intersecano vari modi di percepire il mondo ma anche, e soprattutto, le tecniche e i mezzi con i quali esso viene spiegato e compreso dai fruitori della realtà.
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