L’oratorio, oggi sede del Coro Polifonico Romano, era il luogo di riunione e preghiera dei confratelli della compagnia del Gonfalone. L’affermazione e l’importanza del pio sodalizio si inseriscono nell’ampio e diversificato fenomeno della nascita delle confraternite laiche in età controriformistica: si tratta di associazioni religiose e caritatevoli, sostenute dalla chiesa ufficiale e impegnate in attività di assistenza sociale verso i più bisognosi (poveri, schiavi, carcerati, condannati, zitelle senza dote) e in pratiche religiose popolari, ma nello stesso tempo anche molto colte, come le processioni al Colosseo, le sontuose cerimonie nelle ricorrenze e le sacre rappresentazioni. Facevano parte della compagnia persone di diversa estrazione sociale, dalle figure più eminenti come il cardinale protettore Alessandro Farnese o le famiglie Capodiferro e Mattei, agli artisti, che poi lavorarono nell’oratorio, come Matteo da Lecce e Raffaellino da Reggio.
Il ciclo della Passione di Cristo, che si presenta come lo svolgimento lungo le pareti dell’oratorio di una vera e propria Via Crucis, è caratterizzato da scene affrescate, nel corso dell’ottavo decennio del Cinquecento dai più importanti maestri del Manierismo romano, entro strette partiture a sviluppo longitudinale separate da monumentali colonne tortili dipinte, simbolicamente allusive a quelle che scandivano il Tempio di Salomone, e presentano nel registro superiore figure di sibille e profeti. Una tale manifesta connotazione profetica e una così forte caratterizzazione dottrinale del programma iconografico rivelano una lontana eco michelangiolesca: è solo dopo l’affrescatura della Cappella Sistina (1508-1512), infatti, che si configura con chiarezza nelle cultura figurativa cinquecentesca l’idea di un ambiente a forte valenza dottrinale, dipinto, sebbene da molteplici maestranze e in un lasso di tempo relativamente lungo, secondo un principio di armoniosa concordia figurativa.